Non importa chi voti, i politici non ti rappresentano
di Daniel Sempere
Ogni volta che si avvicinano le elezioni, ci viene ripetuto come un mantra che il voto Γ¨ un diritto sacrosanto, un'arma potente nelle mani dei cittadini.
"Guai a non votare! Gli astensionisti fanno il gioco dei poteri forti..."
Ma fermiamoci un attimo: questo assioma si basa sull'idea che i nostri rappresentanti eletti siano realmente... rappresentativi.
E qui inizia il vero dramma della democrazia moderna.
Parliamo di politiche pubbliche e di tassazione, come se fossero legittime, solo perchΓ© c'Γ¨ un'urna nelle vicinanze; ma chi ci garantisce che i politici comprendano o intendano difendere gli interessi degli elettori?
La retorica politica Γ¨ un bellissimo racconto per adulti: “Se voti, sei rappresentato”. Davvero?
Immaginiamo, per un momento, di scrivere una nuova definizione di rappresentanza politica.
Potremmo anche scoprire che ciΓ² che chiamiamo democrazia rappresentativa Γ¨ in realtΓ una semplice competizione tra partiti per le poltrone, dove il voto Γ¨ solo un accessorio.
Perchè mai avremmo in Parlamento personaggi così bizzarri e inadeguati altrimenti?
Nella rappresentanza privata, il politico dovrebbe essere vincolato legalmente a perseguire gli interessi di un gruppo ben definito. Ma la realtΓ Γ¨ ben diversa.
Quali sono veramente gli interessi di un nutrito gruppo di elettori?
Γ giΓ difficile trovare un accordo tra le famiglie intorno a una tavola imbandita, figuriamoci in un contesto politico, dove si mescolano ideologie, aspirazioni e bisogni. Eppure, con una certa dose di ottimismo, possiamo supporre che per un gruppo di persone ben assortite, con interessi simili, la rappresentanza potrebbe funzionare.
Potrebbe... ma Γ¨ qui che le cose si complicano.
Se ci concentriamo sui nostri "nobili" legislatori eletti, ci rendiamo conto che molti di loro non si considerano rappresentanti delle preferenze popolari.
Alcuni di loro si vedono fiduciari, investiti del potere di fare “ciΓ² che Γ¨ meglio” per il proprio serbatoio elettorale, anche se questo “meglio” Γ¨ solo un riflesso della loro personalissima interpretazione.
"Quindi, perchè perdere tempo a confrontarsi con i lettori e gli utenti dei social?
Non dobbiamo nulla a questi seccatori sostenitori, siamo onorevoli per meriti propri."
Signori miei, non è proprio così; senza il nostro voto tornereste a essere dei comuni vicini di casa, a essere tormentati dai call center, a leggere gli importi delle fatture luce-gas con apprensione, a sentirvi rispondere agli sportelli:
"Mi spiace, deve prendere un appuntamento..."
"La metto in lista d'attesa per l'intervento, vediamo, febbraio 2026..."
Pretendere di essere ascoltati non Γ¨ solo un nostro diritto, Γ¨ un dovere per chi ci rappresenta.
Se un parlamentare decide di ignorare le opinioni e il confronto con il proprio “elettorato”, in nome di una presunta “superioritΓ morale”, cosa rimane del concetto stesso di rappresentanza?
Mio padre, nella sua modesta carriera politica a sostegno di Craxi, mi raccontava di aver visto deputati e legislatori in crisi esistenziale, tormentarsi nel dilemma:
“Votare secondo le richieste degli elettori o seguire la mia coscienza?”
Com'Γ¨ confortante sapere che, in questo delicato conflitto di interessi, ci sia sempre qualcuno pronto a far brillare la propria “superioritΓ morale” a scapito di chi gli ha dato mandato!
Nonostante tutto continuiamo a credere nella leggenda del governo “democratico e rappresentativo”.
Questa ingenua narrativa ha coperto, con un telo intriso di menzogne e opportunismo, gli abusi di potere della nostra politica, illudendoci che la sottomissione al volere comune sia frutto di una scelta “condivisa, mediata e diplomatica”.
Γ tempo di liberarci di questi miti.
Il prossimo passo?
Un po’ di sana critica: chi vogliamo che ci rappresenti?
E soprattutto, che ne sarΓ della nostra voce in un sistema che ignora le preferenze popolari in nome di "alti ideali e altri interessi" ?
Ricordiamoci: il potere è nostro, sì, ma chi lo esercita?
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