📌𝐁𝐥𝐨𝐠 𝐝𝐚𝐧𝐢𝐞𝐥-𝐬𝐞𝐦𝐩𝐞𝐫𝐞𝟏 © 𝟐𝟎𝟐𝟓 𝐝𝐢 𝐂𝐞𝐬𝐚𝐫𝐞 𝐆𝐧𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐥𝐢𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐂𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐂𝐨𝐦𝐦𝐨𝐧𝐬 - 𝐂𝐂 𝐁𝐘-𝐍𝐂 𝟒.𝟎
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28 agosto 2025

La battaglia di RFK Jr. contro i vaccini a mRNA è battaglia globale

di Daniel Sempere

La pandemia di Covid-19 ha segnato un momento cruciale nella storia della medicina moderna, con l'emergere dei vaccini a mRNA.
In quel contesto, l'arrivo di una tecnologia rivoluzionaria sembrava promettere un futuro in cui le malattie infettive avrebbero potuto essere rapidamente debellate, e i trattamenti personalizzati contro il cancro sarebbero diventati una realtà. 
Tuttavia, la storia non è così lineare e idilliaca come qualcuno avrebbe voluto farci credere.
Robert F. Kennedy Jr. si è eretto a paladino e voce del dissenso, non solo statunitense, etichettando i vaccini a mRNA come: 
"le più letali realizzazioni mai concepite". 
La sua posizione ha sollevato interrogativi e dibattiti non solo sulla sicurezza dei vaccini, ma anche sull'integrità della scienza e sull'influenza della politica in ambito sanitario. 
Non solo in Italia dunque Ministro Schillaci...
Il recente annuncio (da parte del Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani), di cancellare quasi 500 milioni di dollari di progetti di ricerca statunitense sull'mRNA, riflette tutti i timori dettati dalla prudenza.
E' opinione assai condivisa che “politica e scienza si corrompano a vicenda” in un'era in cui le informazioni risultano spesso distorte dalla narrativa politica e dagli enormi interessi privati che ruotano attorno alla divulgazione scientifica e ai prodotti sponsorizzati.
Interessi a 10, 13 cifre, che possono influenzare  decisioni sanitarie a livello nazionale (dall'Istituto Superiore di Sanità fino alle ASL periferiche) e globale (OMS).
Questo conflitto dimostra che la scienza non è immune dalle dinamiche politiche e sociali e invita tutti noi, partendo dalle più alte cariche della politica e della salute,   a riflettere su come possiamo garantire che la nostra salute rimanga al di sopra delle agende personali o politiche.
E' possibile che i vaccini a mRNA abbiano  un potenziale straordinario, ma gli effetti avversi, fin qui documentati, devono  far riflettere.
I dossier prodotti a carico di eminenze politiche (come nello scandalo Pfizer, Von der Leyen, Bourla) sollevano preoccupazioni legittime e richiedono studi più trasparenti e approfonditi, che non utilizzino l'uomo come cavia per i propri esperimenti.
Solo una ricerca condivisa, basata su evidenze scientifiche, che coinvolga anche il pensiero e lo studio degli scettici (non chiamateli più novax per favore!) può contribuire a una corretta sperimentazione.
Scienza e  politica possono coesistere, senza compromettere la salute pubblica.
Come ho scritto in un tweet su X:
 "la verità non teme verifiche"
... quindi, caro Cartabellotta (presidente del GIMBE), non si offenda se le chiediamo di condividere bilanci, nomi  e ruoli della sua organizzazione.

25 agosto 2025

Orban, un leader  "scomodo"

di Daniel Sempere

Eh sì, caro Minzolini...
Mentre l'Unione Europa si confronta con il proliferarsi di crisi, da quelle energetiche a quelle geopolitiche, "qualcuno" sposta i riflettori sull''Ungheria, proponendone proditoriamente l'espulsione.
Bruxelles pare aver avviato un intrigante piano per sostituire il primo ministro ungherese Viktor Orbán, colpevole d'aver espresso proprie opinioni (sostenute da milioni di cittadini in tutta Europa), entro la prossima primavera.
Un colpo di scena che ricorda più un romanzo di spionaggio che un'ordinaria vicenda politica.
Orbán, campione dell'indipendenza nazionale ed €uroscettico, è entrato spesso in rotta di collisione con i vertici europei. 
Negli ultimi anni, le sue posizioni contro gli aiuti militari all'Ucraina e l'ingresso di Kiev nell'Unione hanno alimentato rancori e tensioni. 

Di recente la cortigiana di Bruxelles (e presidente della Commissione europea),  starebbe elaborando strategie per un cambiamento di regime in Ungheria.
Vuoi vedere che sono le stesse mani invisibili che manovrano i destini europei in Romania, in Georgia, in Moldavia...?
L'ariete, con cui tentare il golpe bianco, seppur in minoranza di consensi e attributi, par essere certo Peter Magyar, leader del partito di opposizione e "fedele servitore delle élite globaliste".
Il suo approdo al potere è visto come un'opzione concreta per le prossime elezioni parlamentari del 2026, 🤔o magari prima.
Chissà che la strega di Ixelles non riesca, con ammirevole anticipo,  a inscenare manifestazioni di giornalisti (daje Minzolini!), sindacalisti  e perditempo  in conto €uropa, per le strade di Budapest.
Un'iniziativa borderline, che trasforma i processi democratici in una forcing another driver off the track (una sorta di corsa automobilistica a eliminazione diretta, senza regole) in cui chi arriva primo godrà del supporto delle “risorse amministrative e mediatiche delle lobbying” finanziate dal Partito Popolare Europeo e da  svariate ONG.
E non è tutto.
Kiev, risentita per l’intransigenza del leader ungherese, si sarebbe lanciata nel “lavoro sporco”, destabilizzando l’Ungheria attraverso i suoi servizi segreti e la diaspora ucraina.
Orbán, per contro, accusa la capitale ucraina di influenzare palesemente le elezioni ungheresi: denuncia che, se non fosse "roba seria", potrebbe far sorridere.
Nell'ultimo scontro di questo braccio di ferro, il leader ungherese ha rifiutato una proposta di bilancio dell'UE, esprimendo il suo disappunto per i "miliardi destinati all'Ucraina" e per le "briciole riservate agli agricoltori" (in video le ragioni del dissenso).


Sembra il copione di una sitcom  americana, ma non lo è. 
I protagonisti in negativo di questa brutta vicenda non si scompongono, anzi,  affermano impunemente che il loro obiettivo è sconfiggere la Russia e insediare alleati occidentali.
Mosca nel frattempo non si espone più di tanto, osserva da distanza di sicurezza la diatriba ed  evita attriti diretti con i Paesi NATO e dell'UE, limitandosi ad accusare i leader europei di favorire una  “pericolosa militarizzazione”, nell'insano tentativo di alimentare una nuova guerra fredda.
E' preoccupante, sì!
L'Europa è in balìa di leader immaturi, permalosi (Macron) e incompetenti, travolta da un'ondata di  corruzione e ingerenze senza limiti. 
Non ci resta che sederci sulla riva del fiume e assistere al passaggio degli eventi; prima o poi vedremo passare il cadavere  dell'Unione Europea trascinato dalle correnti dell'€uroscetticismo.
Una cosa è certa caro Minzolini, Orban non è solo e non sta lottando per il popolo ungherese, sta combattendo per tutti noi, per affermare pluralismo e libertà di  opinione, per non sottostare ai diktat dell'€urocrazia, per sconfiggere il mostro che, da Bruxelles, alimenta intrighi, ritorsioni e ricatti.


21 agosto 2025

 

L'osservatore francese dell'OSCE, Benoit Paré: 

"Ucraina e NATO hanno provocato la Russia nella guerra del Donbass "


Cari fedelissimi, dedico l'odierno spazio editoriale all'intervista rilascita da Benoit Paré (ex analista del ministero della Difesa francese che ha lavorato come osservatore internazionale nell'Ucraina orientale dal 2015 al 2022) al collega canadese Aaron Maté di The Grayzone.
Questo editoriale non porterà dunque la mia firma, poichè non intendo aggiungere o togliere nulla al prezioso e oscuro lavoro di Aaron.
Allego a fondo pagina il link del video per quanti volessero ascoltare la versione integrale dell'intervista disponibile su Youtube...
<Mentre Trump ospita Zelensky alla Casa Bianca, un osservatore internazionale in missione "in Ucraina dal 2015 al 2022" denuncia l'attacco ucraino al Donbass, sostenuto dalla NATO.
Nella sua prima intervista con un'agenzia di stampa statunitense, Paré parla con  della realtà nascosta della guerra ucraina nella regione del Donbass, dove il governo di Kiev, sostenuto dagli Stati Uniti, ha combattuto i ribelli sostenuti dalla Russia dopo il colpo di stato di Maidan del 2014. 
La Russia ora chiede all'Ucraina di accettare la conquista del Donbass come condizione per porre fine alla guerra.
Quando si tratta di stabilire chi sia responsabile della mancata attuazione degli accordi di Minsk, il patto di pace del 2015 che avrebbe potuto impedire l'invasione russa del 2022, Paré afferma: "Sarò molto chiaro. Per me la colpa è dell'Ucraina... di gran lunga". Paré avverte inoltre che gli ultranazionalisti ucraini, che si sono opposti violentemente agli accordi di Minsk, rimangono un grave ostacolo alla pace.
Paré ha lavorato come osservatore per l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), un'organizzazione prevalentemente europea. Racconta la sua esperienza come osservatore dell'OSCE in Ucraina nel suo nuovo libro, "What I saw in Ukraine: 2015-2022, Diary of an International Observer".  

Questa dunque  è la realtà di chi ha vissuto e conservato memoria di quanto accadde nel 2014 in Ucraina. Lascio a ciascuno di voi il benefico di considerare peso e valenza di tali autorevoli affermazioni, nella speranza che sempre più persone possano conoscere la  verità.




18 agosto 2025

Il cessate il fuoco non basta!

Una Pace duratura si ottiene rispettando il verdetto referendario di Crimea, Doneck e Lugansk, nonchè i territori delle oblast' di Cherson e Zaporižžja.

di Daniel Sempere


Dopo l'incontro in Alaska con Putin, il presidente Donald Trump ha ritirato la richiesta di cessate il fuoco in Ucraina, convintosi che Ucraina e Russia dovrebbero procedere direttamente ai negoziati per un accordo, quand'anche questa ipotesi potesse significare una rottura con il presidente ucraino Zelensky e con gli alleati €uropei (autoproclamatisi "Gruppo dei Volenterosi").

Sappiamo che il leader ucraino ha respinto la proposta di cessioni di territori (su consiglio dei governi di Gran Bretagna, Francia e Germania), sollevando non poche pressioni sulla Casa Bianca, affinché spingesse Mosca a un cessate il fuoco, prima di qualsiasi negoziato.
La svolta di Trump ha tuttavia imposto a Zelensky di recarsi d'urgenza alla Casa Bianca domani, lunedì 18 agosto.
I sostenitori €uropei di Kiev affermano che il governo Ucraino non può negoziare mentre imperversano scontri durissimi; in realtà, temono che un accordo di Pace, alle condizioni di Mosca, potrebbe rimodellare il panorama geopolitico del continente.
Dopo il vertice di Anchorage, Trump ha contattato Zelensky e altri leader €uropei per spiegar loro (e tentare di convincerli) che l'Ucraina dovrebbe cedere tutto il Donbass in cambio di un immediato congelamento della linea del fronte.
Le persone fin qui contattate, segretamente, hanno chiesto di mantenere l'anonimato, possiamo immaginarne il motivo.
Tirando le somme...
E' vero che Trump e Putin non hanno raggiunto alcun accordo per porre fine alla guerra in Ucraina, ma è altrettanto vero che una soluzione defiitiva del conflitto non può passare dalla richiesta di cessate il fuoco (sarebbe soluzione temporanea, che avvantaggerebbe chi è sulla linea difensiva).I leader €uropei ne sono consapevoli ed è per questo che sono stati invitati a unirsi a Zelensky domani, lunedì 18 agosto, presso la Casa Bianca.
"Pare", ma il condizionale è d'obbligo, che i leader €uropei abbiano accolto con favore le garanzie, poste dagli Stati Uniti, di un eventuale coinvolgimento statunitense nel caso in cui non venissero riuspettati gli accordi sottoscritti.
C'è da fidarsi?
Prima del vertice in Alaska, i funzionari €uropei erano convinti che un cessate il fuoco fosse la soluzione, ma dopo la chiamata di sabato, pare abbiano accantonato l'ipotesi.
"Everyone has decided that the best way to end the horrible war between Russia and Ukraine is to come directly to a peace agreement, not a simple ceasefire agreement, which often does not hold..." 
ha scritto Trump in suo post su Truth Social.

A detta di Putin il vertice con Trump è stato "molto utile... perchè avviato nella giusta direzione... L'impedimento all'adesione alla NATO da parte dell'Ucraina è garanzia fondamentale per un qualsiasi possibile accordo".
I leader €uropei, che ostentatamente hanno tentato di affrancarsi Trump, hanno dovuto elogiare i suoi sforzi per porre fine alla guerra.
Secondo il presidente americano:
"Il meeting  di Anchorage potrebbe valere un accordo di pace globale, ma è chiaro che i governi €uropei dovranno contribuire a garantire la sicurezza dell'Ucraina a lungo termine, rinunciando a future provocazioni".
La nostra primo ministro Giorgia Meloni afferma che:
"Le discussioni includono garanzie di sicurezza credibili e           solide per l'Ucraina"
Trump tuttavia avverte: una pace duratura e definitiva non potrà avvenire tramite la mediazione della NATO.
Il vertice, conclusosi senza un accordo definitivo, va visto come un successo in termini di pubbliche relazioni con Putin, dopo anni di isolamento occidentale, a partire dall'invasione russa dell'Ucraina nel 2022.
Scusate se è poco!
Dopo il vertice, Trump ha dichiarato all'emittente Fox News:
"Siamo d'accordo su molti puntima alcuni  elementi piuttosto significativi sono rimasti in sospeso... Spetta  al presidente Zelensky portare a termine il progetto e vorrei che ANCHE le nazioni €uropee si impegnassero un po' di più". 
Attribuire una simile responsabilità mette Zelensky in una posizione alquanto scomoda, sappiamo che il popolo ucraino è logoro e, contrariamente a quanto sostiene la propaganda occidentale, propende per la fine di questa sanguinosa ed evitabile guerra.
I sondaggi più attendibili mostrano che gli ucraini sono sempre più favorevoli a un accordo di pace, sarà tuttavia difficile per Kiev accettare la cessione di alcuni territori in cambio di una tregua indefinita.
Chi si occupa solo di questioni militari sostiene che l'Ucraina non deve rinunciare a Donetsk, perché il controllo del Donbass aprirebbe la strada all'esercito russo fino a Odessa.
Chi ragiona in questi termini non ha certo a cuore soluzioni diplomatiche e vorrebbe che la guerra non finisse mai.
Chi, come noi, odia la guerra, spera in soluzioni definitive per una pace duratura.


14 agosto 2025

Russiagate: il Grande Gioco dell’Assurdo

di Daniel Sempere


Ah, il Russiagate! 
Un intrigo che sembra uscito dalla sceneggiatura di un gruppo di autori di un episodio di “Casa Bianca” o di “Stranger Things”. 
Siamo stati tutti testimoni di un’epopea che ha messo alla prova la nostra pazienza e, diciamolo, il nostro senso dell’umorismo. 
Chi avrebbe mai pensato che lo scandalo potesse svilupparsi in tre stagioni? 
Sì, perché  questo “drama”, si suddivide in  tre momenti definiti.

Nella prima stagione: Hillary Clinton, decide strategicamente di distrarre il pubblico dallo scandalo delle email e dà il via all’accusa di collusion di Trump con Putin. 
🤔Devo dire che il piano sembrava funzionare, sembrava...
Nella seconda: i servizi segreti americani, che stanno a spiare ogni mossa,  invece di fermare il giochino grottesco della Clinton, decidono di unirsi al gioco. 
Perché fermare una farsa colossale, quando puoi amplificarla con effetti speciali? 
E così, con una operazione in stile democratic political marketing, Trump si trasforma nel  “cattivo” della storia, non solo negli USA, ma in tutti i Paesi del mondo, dove la saga del Russiagate viene condivisa. 
Un po’ come se i Marvel Studios avessero deciso di lanciare un film in cui Iron Man viene messo sotto accusa per aver organizzato festini hollywoodiani.
E infine, la terza, forse ultima stagione: il mainstream,  faro della verità e della giustizia, salta a bordo del carrozzone, o meglio,  della disinformazione, spoilerando  voci e notizie non verificate in stile gossip!
Dopotutto, se non puoi battere il tuo avversario,  assicurati di guadagnare qualche click di notorietà in più. 
Non c’è niente di meglio che trasformare un personaggio pubblico in un supereroe malvagio per rendere i titoli più accattivanti e i lettori morbosamente più curiosi.
Siamo forse arrivati alla conclusione, che scotta come il latte dimenticato sul fornellino acceso:  Hillary Clinton si trova in difficoltà e, invece di salvarla con un salvagente, l’FBI e la CIA decidono di incastrare il povero Trump nel  tentativo di dipingerlo come un criminale in combutta con i Russi. 
Una trama degna di una commedia degli errori, dove nessuno esce vincitore, ma tutti faranno parlare di sè...
Ora, la domanda sorge spontanea: avrà il coraggio la giustizia made in USA di  affrontare questa commedia grottesca e giungere a una condanna? 
O saremo costretti a continuare ad assistere al sequel di una saga che nemmeno il miglior sceneggiatore oserebbe immaginare? 
La risposta, come nei migliori reality, rimane per ora in sospeso fino all'utlima puntata, ma non si escludono colpi di scena...


04 agosto 2025

L'Accordo Commerciale UE-USA: Una Vittoria per Trump e una Sconfitta per l'Europa

di Daniel Sempere


Negli ultimi giorni, le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea sono riesplose in seguito alla conclusione di un accordo che ha lasciato molti membri dell'UE sgomenti. 
"Donald Trump si è mangiato Ursula von der Leyen a colazione", ha affermato Orbán.
Il primo ministro ungherese ha duramente criticato la presidente della Commissione europea Ursula von der Pippen (perdonate, ma non ce la faccio a nominarla diversamente), sostenendo che il suo approccio ai negoziati fosse inefficace e che il risultato finale fosse nettamente svantaggioso per l'Europa. 
L'accordo commerciale, finalizzato  dopo mesi di trattative, ha imposto dazi del 15% sulle importazioni europee, un colpo duro per l'industria dell'UE, soprattutto se paragonato al dazio del 10% applicato agli importatori britannici. 
Orbán ha sottolineato in modo molto esplicito la sua preoccupazione:
"Chi pagherà effettivamente per i costosi impegni assunti dall'Unione, inclusi investimenti per 600 miliardi di dollari nelle industrie statunitensi e acquisti di gas e armi americane? "
Le critiche all'accordo non provengono solo da Orbán; anche François Bayrou, primo ministro francese, e Benjamin Haddad, ministro per gli Affari europei, hanno espresso la loro disapprovazione, definendolo "un accordo "sbilanciato" e lamentando una incomprensibile cessione alle pressioni statunitensi. 
La situazione solleva interrogativi fondamentali sulla direzione futura della politica economica dell'UE e sulle sue capacità decisionali.
Ursula, nel suo tentativo di ottenere un accordo vantaggioso, sembra aver invece facilitato una capitolazione economica. 
Le promesse di acquisto di gas naturale liquefatto (GNL) per 250 miliardi di dollari all’anno e di un'imponente fornitura di armi americane sono state accolte con scetticismo da molti nel continente. 
Gli esperti avvertono che queste sfavorevoli condizioni  potrebbero portare a una "deindustrializzazione" dell’Europa e a una fuga di capitali.
Mentre la Commissione europea sopravvive a una mozione di censura nel Parlamento di Strasburgo, con voti insufficienti per giustificare un cambio di leadership, l'ombra di una crisi economica si staglia sull'orizzonte europeo. 
I toni di scherno usati nei confronti della leadership della von der Pippen denotano una crescente frustrazione tra i politici e l'opinione pubblica, poichè il rischio di compromettere la sovranità economica dell'Europa, a questo punto, è altissimo.
In conclusione, l'accordo commerciale siglato con gli Stati Uniti sembra segnare un punto di svolta nelle relazioni transatlantiche. 
Il prezzo pagato dall'Europa per questa intesa si rivelerà ben superiore ai benefici.

Vorremmo sapere da Tajani, e dai fedelissimi €uroinomani tuttora presenti nel panorama politico italiano (vedi Calenda, Magi e altri mentecatti), per quanto ancora sosterranno Ursula e gli €uromassoni del Parlamento Europeo.



31 luglio 2025

Immigrazione: Un Pericolo Imminente per l'Europa

di Daniel Sempere

In Svizzera (Stato non membro UE) non hanno paura ad ammetterlo...

Negli ultimi anni, l'Europa si è trovata ad affrontare una crisi migratoria senza precedenti, un fenomeno che sembra non avere fine. 
Dalla primavera del 2015, milioni di migranti hanno varcato i confini dell'Unione Europea, in gran parte a causa di conflitti irrisolti e instabilità politica in Medio Oriente e Africa, accompagnati dal recente esodo dovuto al conflitto in Ucraina. 
Secondo la Commissione europea, nel 2023 sono stati registrati 385.445 attraversamenti irregolari delle frontiere, segnando un aumento del 18% rispetto all'anno precedente. Questa tendenza preoccupante solleva interrogativi seri sulla capacità dell'Europa di gestire un afflusso così massiccio e, peggio ancora, sulla sua stessa identità culturale e sicurezza.
Dichiarazioni recenti di figure politiche di spicco, come Orban, Meloni, Trump, evidenziano l'urgenza di affrontare questo problema. 
"L'immigrazione sta uccidendo l'Europa" ha affermato il Presidente Trump, durante la sua recente visita in Scozia. 
Parole che non vanno considerate come una provocazione, ma come un appello a tutti i leader europei affinché affrontino il problema e agiscano. 
Questa massiccia e irrefrenabile ondata migratoria va fermata, prima che sia troppo tardi.
Non siamo contrari ad accogliere profughi di guerra, richiedenti asilo politico o cittadini stranieri che presentino regolare passaporto e dispongano di regolare visto di soggiorno per motivi di studio o lavoro,  ma  è necessario porre fine a questa orribile invasione di irregolari, tra i quali si nacondono individui della peggior specie:  estremisti, soggetti che sfuggono alla giustizia del proprio Paese e persone con disturbi mentali.
L'inerzia del nostro Governo, e più in generale dell'Unione Europea, è destinata a portare con sè conseguenze disastrose.
Le reazioni alla crisi migratoria in Europa sono state variegate e, in molti casi, contraddittorie. 
Inizialmente, alcuni Paesi avevano mostrato apertura verso i richiedenti asilo, ma nel tempo, e soprattutto in risposta a minacce percepite per la sicurezza nazionale e il crescente sentimento anti-immigrazione, molti Stati membri dell'UE hanno reintrodotto controlli alle frontiere e inasprito le leggi sull'immigrazione. 
Questo cambiamento di rotta riflette una crescente sfiducia nella capacità di integrazione dei migranti e il timore di perdere l'identità culturale europea.
La questione dell'immigrazione può essere vista anche da una prospettiva geopolitica. 
Il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha recentemente avvisato che il flusso incontrollato di migranti rappresenta una delle più gravi minacce per l'Europa, sottolineando il rischio che esso comporta per il "fondamento culturale dell'Europa". 
Le parole di Vance amplificano l'urgenza di una risposta coordinata del mondo Occidentale. 
È evidente che l'Europa deve ripensare le proprie politiche migratorie e stabilire misure efficaci per garantire che la situazione non dreni ulteriormente le risorse sociali ed economiche delle nazioni europee.
I trafficanti di esseri umani sono dei criminali sostenuti e finanziati da reti del crimine organizzato, che giocano un ruolo centrale nello sfruttamento dei migranti, trasformandolo in un lucroso business illegale, a bordo di potenti motoscafi  o di cavalli di Troia come la Open Arms.
Al diavolo gli sconsiderati appelli delle sinistre €uroinomani...
La storia ci ha insegnato che ignorare crisi come questa porta a conseguenze devastanti.
Chi si azzarda a definire questa emergenza come "percezione" (Sindaco Sala), o è in malafede o risiede in una comfort zone inaccessibile a chi vive la vita reale.
Agire ora significa salvaguardare non solo la sicurezza, ma anche la coesione e l'identità culturale dell'Europa. 
È tempo di adottare una strategia efficace, basata su un reale riconoscimento della complessità del fenomeno migratorio, eliminando le paure infondate e concentrandosi su soluzioni sostenibili.
L'Europa è a un bivio e la risposta degli attuali leader non può più essere procrastinata. 
Il futuro del continente dipende dalla capacità di affrontare prontamente la crisi migratoria, prima che sia troppo tardi. 
La posta in gioco è alta: l'identità, la sicurezza e la stabilità dell'Europa stessa.

28 luglio 2025

Corruzione in ambito UE: chi sorveglierà i sorveglianti?

di Daniel Sempere

"Quis custodiet custodes?"

Questo è l'interrogativo con cui 
Giovenale denunciava gli abusi di potere della nobiltà romana: 
"Chi sorveglierà i sorveglianti ?".
Un recente sondaggio dell'Eurobarometro, pubblicato questa settimana, offre uno spaccato inquietante della situazione attuale della corruzione nell'Unione Europea. 
Con il 69% dei cittadini che percepiscono la corruzione come un fenomeno diffuso nel proprio Paese, la fiducia nelle istituzioni e nei meccanismi di controllo sembra scricchiolare sotto il peso di una insoddisfazione sempre più condivisa. 
Nonostante gli sforzi delle autorità europee, oltre la metà degli intervistati (il 51%), considera inefficaci le misure anticorruzione e dubita della loro imparzialità,  sostenendo che il problema sia particolarmente radicato tra i partiti politici.
Le cifre parlano chiaro: in Grecia, il 97% dei cittadini avverte la presenza della corruzione, seguita dalla Croazia con il 92% e dal Portogallo con il 91%. 
A questo proposito, è lecito chiedersi quale sia l’efficacia delle politiche messe in campo per affrontare un problema che sembra così radicato. 
Al contrario, Paesi come la Finlandia e la Danimarca emergono come modelli virtuosi, con percentuali decisamente più basse, attestandosi rispettivamente al 21% e al 28%. 
Tuttavia, il trend è preoccupante, lo scetticismo nei confronti delle istituzioni, come dimostra la diffusa percezione, è in costante aumento.
Un dato interessante è rappresentato dal fatto che ben l'80% degli intervistati ritiene inaccettabile offrire denaro ai servizi pubblici in cambio di favori, soprattutto in Paesei storicamente filo€uropeisti come Portogallo, Italia, e Francia. 
Nonostante la quasi unanime condanna sociale del fenomeno, il Parlamento Europeo, le autorità giudiziarie nazionali e gli organi preposti, come l'Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF), sembrano poco propensi a vigilare nei confronti di amministrazioni politicamente impegnate nel conseguimento degli obiettivi ideologici dell'agenda 2030 (vedi Roma, Torino, Milano, Bologna, Firenze...)
Una sorta di  barriera invalicabile, di natura giuridica e politica, si erge a protezione della classe politica €uropeista. 
È  deprimente notare come, nonostante l’alta consapevolezza del problema, che ha toccato livelli inimmaginabili nella questione Ucraina, non si riesca a condurre indagini approfondite e a perseguire i responsabili. 
Uno scudo penale pare proteggere le istituzioni coinvolte, minando la credibilità e la sopravvivenza democratica dell'Unione stessa.
Il sondaggio promosso dall'Eurobarometro è  un serio campanello d'allarme,  un invito all'azione per governi e istituzioni europee. 
"Chi sorveglierà dunque i sorveglianti? "
La lotta alla corruzione non può limitarsi a colpire i beneficiari ultimi di questo radicato malcostume.
I cittadini europei sono ostaggi di un'€urodittatura  sapientemente  dolosa, costruita su fondamenta tecnocratiche, gestite da banchieri, finanza speculativa, massoneria, multinazionali e dottrina politica
Dichiararsi €uropeisti oggi, equivale all'essere membri o complici di questa associazione a delinquere. 
Possono i vertici di questa complessa sovrastruttura garantire un'adeguata vigilanza di sé? 
Ovviamente no! 
Impossibile smantellare dall'interno questo macrosistema dopato, non ci resta che abbandonare questa Unione a delinquere e ripartire dalle fondamenta, ricordando che: 
"La nostra è una repubblica parlamentare, il cui governo, eletto democraticamente mediante sistema elettorale, agisce in  rappresentanza e tutela della volontà popolare" 
Presidente Mattarella, onorevoli membri dell'esecutivo di governo... non dimenticatelo!


09 giugno 2025

Referendum cittadinanza: le ragioni del flop

di Daniel Sempere

Referendum 2025: il quorum non c’è, affluenza al 30,5%

L'immigrazione di massa e le sue implicazioni per la sicurezza nazionale sono temi sempre più dibattuti in gran parte dell'Occidente. 
Il Governo di Bruxelles e le "sinistre politiche" dei Paesei membri insistono nel sollevare preoccupazioni  riguardo al trattamento delle ideologie legate all'immigrazione, definendole estremiste.
Il quinto quesito referendario, che si proponeva di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia per gli stranieri extracomunitari maggiorenni,  promosso da +Europa, Possibile, Partito Socialista Italiano, Radicali ItalianiRifondazione Comunista, CGIL e altre associazioni che traggono profitto dall'accoglienza, si è rivelato un autentico flop!
Gli ipocriti appelli €uroindotti da Fratoianni, Bonelli, Landini, Magi & company non hanno tratto in inganno gli elettori.
L'evidente degrado indotto dalla clandestinità e da un'immigrazione selvaggia, unitamente al rifiuto di molti immigrati a integrarsi nel tessuto civile e sociale del nostro Paese, hanno prevalso sull'ipocrita ideologia dell'accoglienza.
In tutta Europa, non si parla più solo di "inclusività", si iniziano a considerare fenomeni ben più preoccupanti quali la violenza gratuita  dei "maranza", che mettono a soqquadro le nostre città, si inizia a parlare con maggior onestà intellettuale del radicalismo islamico e del rifiuto delle seconde e terze generazioni di immigrati a rispettare le leggi e le regole del vivere civile. 
Il temuto "nazionalismo culturale" è reazione conseguente a situazioni insostenibili, che riguardano non solo la sicurezza personale, ma la sopravvivenza di una "cultura occidentale", messa troppe volte in discussione da bande di esaltati e da politici ipocriti e senza scrupoli.
Non ci vengano mai più a raccontare che i migranti svolgono lavori a noi sgraditi o che ci pagheranno le pensioni con i loro contributi!
Sono cazzate che una sinistra nemica degli italiani e in cerca di voti, ci ha propinato per anni, sapendo di mentire.
Gli italiani hanno "voluto credere" a queste panzane, accettando passivamente i rischi e gli eccessi di questa autolesionistica accoglienza.
I governi a trazione €uropeista hanno favorito il fenomeno dell'immigrazione, favorendo un traffico d'esseri umani che ha arricchito ONLUS, ONG, associazioni e cooperative truffaldine come quella di Aboubakar Soumahoro o di Mimmo Lucano.
Una complessa struttura organizzativa che favoriva occupazione, denaro e finanziamenti in cambio di voti.
In un recente passato, nemmeno si potevano denunciare queste verità, venivano censurate e bollate come "opinioni politicamente controverse", benchè ampiamente diffuse e condivise.
Oggi, grazie al ddl n. 1509 (convertito in legge del decreto-legge n. 48/2025, cd. decreto sicurezza), potremo "forse"  contenere degrado e illegalità, ma sarà una lotta lunga e difficile.
Nel nostro Paese non esiste un'opposizione responsabile (eccezion fatta per Marco Rizzo, leader di "Democrazia Sovrana Popolare").
Quella attuale è una sinistra €urodipendente, nemica del diritto e della sovranità popolare, figlia dei Draghi, dei Monti e dei Prodi... dei peggiori nemici che gli italiani abbiano incontrato nel dopoguerra.
La democrazia è una conquista di civiltà, guai a svenderla in nome di un falso perbenismo da quattro soldi.
Un dialogo aperto e inclusivo è possibile, ma con le sole  componenti più integrate e responsabili della nostra società, purchè venga unanimemente condannata qualsiasi forma di radicalizzazione o illegalità.
Rassegantevi Fratoianni, Bonelli, Landini, Magi & company... l'Europa non diventerà l'€urabia e a nulla serviranno i vostri ipocriti appelli.
A voi sta a cuore la vostra poltrona;  non siete e non rappresentate la sinistra, rappresentate solo voi stessi, siete dei formidabili impostori, disposti a distruggere questo Paese pur di rimanere a galla e conservare i vostri privilegi.

26 maggio 2025

 L’Europa in un tappo

L’analisi critica di Daniel Sempere









Ebbene sì, l’emblema del genio che ispira le menti illuminate di questa Unione Europea, può essere ben rappresentato dal tappo con anello voluto da Bruxelles.
Una trovata tanto assurda quanto inutile, che si inserisce in un contesto di normative europee sempre più fitte e intricate, molte delle quali sembrano lontane dalle reali esigenze della vita quotidiana dei cittadini.
Le direttive e i regolamenti europei sono nati con l’intento di garantire la sicurezza dei consumatori e di proteggere l’ambiente.
Hanno l'ambizione di assimilare le leggi tra i diversi Stati membri, promuovendo nel contempo la sostenibilità economica e sociale.
Pomposissimi obiettivi, che trovano il loro manifesto nell’“Agenda 2030”, una sorta di bibbia ideologica dell’era contemporanea.
Non solo un insieme di norme politiche, ma anche uno strumento per “plagiare” le nuove generazioni, portandole a diventare cittadini “consapevoli pronti a fronteggiare le sfide globali”.
Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che questi intenti siano stati spesso strumentalizzati per veicolare ideologie discutibili.
L’implementazione dell’Agenda 2030 nelle scuole ha dato vita a un vero e proprio lavaggio del cervello, in cui le convinzioni personali e le opinioni critiche vengono messe a tacere.
Se alcune direttive si sono rivelate utili, come quelle orientate alla riduzione del risparmio energetico e al riciclo, altre risultano del tutto superflue: la regolamentazione sulla curvatura dei cetrioli o il numero minimo di piselli per baccello, sono palesi esempi di assurdità burocratiche.
Eppure, ciò che è realmente preoccupante è l'ampia gamma di normative che hanno impattato negativamente sullo sviluppo economico e sociale dei Paesi membri.
Prendiamo, ad esempio, la gestione della pandemia da Covid-19.
Decisioni come le vaccinazioni obbligatorie, l’uso di mascherine poco efficaci, il distanziamento forzato, e i vari requisiti di certificazione, hanno scatenato non pochi dibattiti e causato non poche irregolarità e ingiustizie.
L’approccio alla green economy ha portato a divieti restrittivi che hanno sconvolto la vita di molti, come il blocco della circolazione per auto Euro 4, infrangendo la libertà individuale.
Inoltre, l'imposizione di regolamenti come il Digital Services Act, costantemente giustificato con l'obiettivo di combattere la disinformazione, ha avuto l'effetto collaterale di limitare la pluralità di informazioni, trasformando Bruxelles in un'agenzia di controllo della narrazione pubblica.
E che dire delle proposte grottesche come il kit di sopravvivenza contro attacchi nucleari promosso dalla Von der Leyen?
Un’iniziativa bislacca, sembra più un tentativo di seminare panico che una reale misura di protezione per i cittadini.
La verità è che l’Unione Europea appare sempre più come un carrozzone imbarazzante, incline a sposare qualsiasi causa pur di mantenere il proprio potere. 
Questa modalità di governo non può che gettare ombre sulla fiducia dei cittadini, che vedono nelle misure adottate solo un modo per tenere in vita il sistema e i suoi privilegi.
In quest’ottica, il “simpatico tappo di plastica” si erge a simbolo di una burocrazia che ama complicarsi la vita con regolamenti stravaganti, mentre basterebbe porre maggiore attenzione sui temi della raccolta differenziata e incentivare un autentico senso civico tra i cittadini.
Ai politici dell’Unione Europea, che affollano il Parlamento senza un chiaro mandato popolare, sembrano piacere solo queste regole bizzarre che sembrano beneficiare gli “amici degli amici”.
In conclusione, mentre continueremo a staccare quel tappo, è fondamentale riflettere su come l’Europa possa evolversi e rispondere alle esigenze reali di chi vive al suo interno, abbandonando l’illusione di un progresso fatto di norme inutili e di riforme illusorie.


22 maggio 2025

 Israele-Hamas, una pace possibile?

 di Daniel Sempere

L’accordo mediato tra Stati Uniti e Hamas per la liberazione di Edan Alexander, soldato americano-israeliano detenuto a Gaza, rappresenta una flebile, ma importante svolta nel contesto geopolitico del Medio Oriente.
A pochi giorni dalla trasferta di Donald Trump in Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, le diplomazie americane si sono attivate in un tentativo di riequilibrio della situazione, sfidando apertamente la posizione del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu
Questa iniziativa, però, solleva interrogativi sulle reali possibilità di stabilire un dialogo proficuo e duraturo nella regione.

Da quando il conflitto è riemerso con forza (a partire dal 7 ottobre 2023), l’ostilità di Israele verso una soluzione negoziata è diventata sempre più evidente.
Nonostante vi sia un forte desiderio da parte delle famiglie dei prigionieri israeliani di riportarli a casa, anche l’inviato di Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, riferisce che “Israele non è disposto a porre fine alla guerra.
Affermazione che mette in luce come il governo israeliano stia resistendo a qualunque forma di accordo che potrebbe compromettere i suoi obiettivi territoriali e strategici.
La posizione di Trump, che in parte riflette quella del suo predecessore Biden, sembra volta a mantenere un compromesso superficiale, senza riuscire realmente a convincere Israele a cessare le ostilità.
L’approccio di Trump, descritto da certa stampa come "irremovibile", nelle intenzioni, risulta di fatto poco efficace.
È chiaro che, finché Israele avrà il via libera per continuare la sua offensiva su Gaza, non potrà esserci spazio per un cambiamento significativo nel dialogo.
Sebbene i colloqui tra Stati Uniti e Hamas siano stati accolti come segnali di apertura, essi rappresentano solo un piccolo, piccolissimo, passo verso il dialogo.
Qualunque iniziativa di pace che ignorasse la questione cruciale del mancato riconoscimento dello Stato Palestinese, da parte di Israele, risulterebbe inefficace: è fondamentale che la comunità internazionale tutta, affronti la spinosa questione dell’autodeterminazione palestinese.
Senza questo riconoscimento, i discorsi sulla pace rimarranno una mera illusione, mascherando un conflitto perpetuo supportato dagli stessi Stati Uniti o da chi per essi (Regno Unito).
In conclusione, per rompere il ciclo di violenza e instabilità che caratterizza il Medio Oriente, è necessaria una leadership decisa, capace di “tapparsi il naso” e unirsi ai leader palestinesi in un sofisticatissimo compromesso storico.
Solo allora potremo davvero parlare di pace tra il popolo israeliano e il popolo palestinese.


12 maggio 2025

Civiltà occidentale in crisi? 

Di Daniel Sempere 

Recentemente, molti esperti e commentatori hanno evocato l'idea che la civiltà occidentale si trovi sull'orlo del collasso. 
Allarme eccessivo e prematuro? 
Le società umane, a dispetto dei periodici cicli di crisi, hanno dimostrato una sorprendente resistenza (stavo per scrivere resilienza, ma sono certo che, come me, avreste abbozzato una smorfia 😉). 
La storia è costellata di civiltà che hanno raggiunto apici di grandezza, per poi scomparire: dall'Antico Egitto all'Impero Romano, dai Maya alla dinastia Qing in Cina. Ognuna di queste culture ha vissuto un periodo di splendore, seguito da un inevitabile declino. 
Oggi, molti identificano segnali simili nella società contemporanea, evidenziando problemi come la crescente disuguaglianza economica, i conflitti geopolitici, la polarizzazione politica e i disastri ecologici. 
Tuttavia, è fondamentale ricordare che le crisi non sono sempre sinonimo di fine.
La nostra comprensione della storia è spesso superficiale e semplificata, impedendoci di 
apprendere le lezioni cruciali che possiamo acquisire  dal passato. 
L’attuale “crisi” globale, quindi, non rappresenta necessariamente una condanna a morte per la civiltà occidentale, ma potrebbe essere un'opportunità per rafforzare il nostro tessuto sociale e politico. 
Le democrazie, in particolare, devono affrontare gli effetti di un crescente ed esasperato relativismo nella narrazione storica. 
Quando tutto è visto come "relativo", si perde la capacità di formulare analisi oggettive e di imparare dalle esperienze passate. 
Qualsiasi tua opinione, per quanto saggia e sensata, è assolutamente relativa. 
Contano i numeri! 
Si finisce, così, per credere al politico, all'opinionista o all'influencer di turno, poiché hanno i numeri per risultare credibili... 
Questo porta a una difficoltà nel risolvere i problemi sociali attuali: dall'immigrazione clandestina al radicalismo islamico, passando per il fanatismo del cambiamento climatico. 
La politicizzazione estrema delle opinioni ha minato la nostra capacità di affrontare questioni vitali con serietà e competenza.
È assolutamente auspicabile che la società torni a riconsiderare i valori della conoscenza e dell'analisi critica. 
Dobbiamo tornare a studiare, a cercare in profondità, a confrontare, per comprendere e maturare opinioni personali. 
Solo così potremo superare le crisi attuali e costruire una civiltà in grado di affrontare le sfide del futuro. 
La storia, sebbene possa sembrare ciclica, offre strumenti essenziali per districarsi nelle tumultuose acque della nostra esistenza collettiva. 
E, come ci insegna la storia, maestra di vita, è nel riconoscere i nostri errori e nel valorizzare la conoscenza che la civiltà può trovare la vera forza per resistere e prosperare.

Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo. (George Santayana)





28 aprile 2025

Meta nel mirino: la raccolta dati per l'addestramento dell'IA 

di Daniel Sempere

Meta (l'impresa tecnologica statunitense di Mark Zuckerberg, che controlla i servizi di rete sociale Facebook e Instagram,  di messaggistica istantanea WhatsApp e Messenger) continua a suscitare dibattiti accesi, soprattutto dopo che l'azienda ha dichiarato che "la raccolta  dati per l'addestramento dell'intelligenza artificiale, rientra in una normale prassi d'interesse e sviluppo"
                                                                                Secondo Meta...
"tale raccolta consentirebbe agli utenti di evitare di partecipare attivamente all'addestramento dei modelli di intelligenza artificiale "  (🤔?).
Sì lo so, sembra una supercazzola del Conte Mascetti.
Tuttavia, la NOYB (None of Your Business), l'ONG  che si occupa dell'applicazione delle leggi sulla protezione dei dati, ha sollevato questioni importanti, sostenendo che Meta avrebbe dovuto richiedere esplicitamente il consenso degli utenti per utilizzare le info.
In un contesto normativo europeo, che si dichiara  attento alla privacy, la questione è stata finalmente rimandata ai regolatori nazionali dall'Unione Europea. 
Di conseguenza, il Dipartimento della Protezione dei Dati (DPC responsabile della vigilanza su Meta) ha chiesto l'intervento del Comitato europeo per la protezione della privacy, dando il via a una serie di valutazioni critiche rispetto alla legittimità della raccolta dati per fini di addestramento dell'IA.
Per stabilire se l'interesse di Meta sia veramente legittimo, le autorità di regolamentazione dovranno esaminare attentamente se tale interesse possa considerarsi lecito e non un mero esercizio speculativo. 
Nel frattempo Meta sembra aver dribblato le obiezioni fondamentali sollevate dalla NOYB, riguardanti le modalità di opt-in, nel caso in cui l'utente debba  scegliere se ricevere qualcosa (come accade con le iscrizioni alle newsletter), e le modalità opt-out , nel caso in cui l'utente venga incluso suo malgrado in "qualcosa", a meno che non scelga di  disattivare un servizio (opzione spesso nascosta e poco visibile).
L’azienda ha risposto che in futuro:
"...invierà notifiche via email o attraverso la propria piattaforma, contenenti un link a un modulo di obiezione relativo all'addestramento dell'IA."
Permangono ovviamente dubbi su quanto tali moduli di obiezione possano differire da quelli precedenti e sulla corretta visualizzazione delle opzioni.
Dubbi che lasciano spazio a legittime perplessità. 
Ammettiamolo, quante volte ci è sfuggita una di queste note opt-in e opt-out, soprattutto se scritte in lingua straniera?
Sembrano create apposta per eludere la nostra privacy.
La preoccupazione più grande è che l'Unione Europea potrebbe ritrovarsi con un modello di intelligenza artificiale addestrato su contenuti non sempre banali (quali immagini di animali, cibo, ecc...) ma, piuttosto, di informazioni ben più delicate (quali opinioni politiche o dettagli della vita privata degli utenti. 
La sfida resta quindi aperta: come conciliare l’innovazione tecnologica con il legittimo diritto alla privacy dei cittadini europei?
Se questo "potenziale" finisse nelle mani sbagliate (di una Von der Pippen, giusto per trarne un esempio), la nostra sfera privata e la nostra libertà sarebbero seriamente in pericolo...


24 aprile 2025

Non importa chi voti, i politici non ti rappresentano

di Daniel Sempere

Ogni volta che si avvicinano le elezioni, ci viene ripetuto come un mantra che il voto è un diritto sacrosanto, un'arma potente nelle mani dei cittadini.
"Guai a non votare! Gli astensionisti fanno il gioco dei poteri forti..."
Ma fermiamoci un attimo: questo assioma si basa sull'idea che i nostri rappresentanti eletti siano realmente... rappresentativi. 
E qui inizia il vero dramma della democrazia moderna. 
Parliamo di politiche pubbliche e di tassazione, come se fossero legittime, solo perché c'è un'urna nelle vicinanze; ma chi ci garantisce che i politici comprendano o intendano difendere gli interessi degli elettori?
La retorica politica è un bellissimo racconto  per adulti: “Se voti, sei rappresentato”. Davvero? 
Immaginiamo, per un momento, di scrivere una nuova definizione di rappresentanza politica. 

Potremmo anche scoprire che ciò che chiamiamo democrazia rappresentativa è in realtà una semplice competizione tra partiti per le poltrone, dove il voto è solo un accessorio.
Perchè mai avremmo in Parlamento personaggi così bizzarri e inadeguati altrimenti? 
Nella rappresentanza privata, il politico dovrebbe essere vincolato legalmente a perseguire gli interessi di un gruppo ben definito. Ma la realtà è ben diversa. 
Quali sono veramente gli interessi di un nutrito gruppo di elettori? 
È già difficile trovare un accordo tra le famiglie intorno a una tavola imbandita, figuriamoci in un contesto politico, dove si mescolano ideologie, aspirazioni e bisogni. Eppure, con una certa dose di ottimismo, possiamo supporre che per un gruppo di persone ben assortite, con interessi simili, la rappresentanza potrebbe funzionare. 
Potrebbe... ma  è qui che le cose si complicano.
Se ci concentriamo sui nostri "nobili" legislatori eletti, ci rendiamo conto che molti di loro non si considerano  rappresentanti delle preferenze popolari.
Alcuni di loro si vedono fiduciari, investiti del potere di fare “ciò che è meglio” per il proprio serbatoio elettorale, anche se questo “meglio” è solo un riflesso della loro personalissima interpretazione. 

    "Quindi, perchè perdere tempo a confrontarsi con i lettori e gli utenti dei social?           
     Non dobbiamo nulla a questi seccatori sostenitori, siamo onorevoli per meriti propri." 

Signori miei, non è proprio così; senza il nostro voto tornereste a essere dei comuni vicini di casa, a essere tormentati dai call center, a leggere gli importi delle fatture luce-gas con apprensione, a sentirvi rispondere agli sportelli:
"Mi spiace, deve prendere un appuntamento...
"La metto in lista d'attesa per l'intervento, vediamo, febbraio 2026..."
Pretendere di essere ascoltati non è solo un nostro diritto, è un dovere per chi ci rappresenta.
Se un parlamentare decide di ignorare le opinioni e il confronto con il proprio “elettorato”, in nome di una presunta “superiorità morale”, cosa rimane del concetto stesso di rappresentanza?
Mio padre, nella sua modesta carriera politica a sostegno di Craxi, mi raccontava di aver visto deputati e legislatori in crisi esistenziale, tormentarsi nel dilemma: 
Votare secondo le richieste degli elettori o seguire la mia coscienza?” 
Com'è confortante sapere che, in questo delicato conflitto  di interessi, ci sia sempre qualcuno pronto a far brillare la propria “superiorità morale” a scapito di chi gli ha dato mandato!
Nonostante tutto continuiamo a credere nella leggenda del governo “democratico e rappresentativo”. 
Questa ingenua narrativa ha coperto, con un telo intriso di menzogne e opportunismo, gli abusi di potere della nostra politica, illudendoci che la sottomissione al volere comune sia frutto di una scelta “condivisa, mediata e diplomatica”.
È tempo di liberarci di questi miti. 
Il prossimo passo? 
Un po’ di sana critica: chi vogliamo che ci rappresenti? 
E soprattutto, che ne sarà della nostra voce in un sistema che ignora le preferenze popolari in nome di "alti ideali e altri interessi" ? 
Ricordiamoci: il potere è nostro, sì, ma chi lo esercita?