📌𝐁𝐥𝐨𝐠 𝐝𝐚𝐧𝐢𝐞𝐥-𝐬𝐞𝐦𝐩𝐞𝐫𝐞𝟏 © 𝟐𝟎𝟐𝟓 𝐝𝐢 𝐂𝐞𝐬𝐚𝐫𝐞 𝐆𝐧𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐥𝐢𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐂𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐂𝐨𝐦𝐦𝐨𝐧𝐬 - 𝐂𝐂 𝐁𝐘-𝐍𝐂 𝟒.𝟎

31 luglio 2025

Immigrazione: Un Pericolo Imminente per l'Europa

di Daniel Sempere

In Svizzera (Stato non membro UE) non hanno paura ad ammetterlo...

Negli ultimi anni, l'Europa si è trovata ad affrontare una crisi migratoria senza precedenti, un fenomeno che sembra non avere fine. 
Dalla primavera del 2015, milioni di migranti hanno varcato i confini dell'Unione Europea, in gran parte a causa di conflitti irrisolti e instabilità politica in Medio Oriente e Africa, accompagnati dal recente esodo dovuto al conflitto in Ucraina. 
Secondo la Commissione europea, nel 2023 sono stati registrati 385.445 attraversamenti irregolari delle frontiere, segnando un aumento del 18% rispetto all'anno precedente. Questa tendenza preoccupante solleva interrogativi seri sulla capacità dell'Europa di gestire un afflusso così massiccio e, peggio ancora, sulla sua stessa identità culturale e sicurezza.
Dichiarazioni recenti di figure politiche di spicco, come Orban, Meloni, Trump, evidenziano l'urgenza di affrontare questo problema. 
"L'immigrazione sta uccidendo l'Europa" ha affermato il Presidente Trump, durante la sua recente visita in Scozia. 
Parole che non vanno considerate come una provocazione, ma come un appello a tutti i leader europei affinché affrontino il problema e agiscano. 
Questa massiccia e irrefrenabile ondata migratoria va fermata, prima che sia troppo tardi.
Non siamo contrari ad accogliere profughi di guerra, richiedenti asilo politico o cittadini stranieri che presentino regolare passaporto e dispongano di regolare visto di soggiorno per motivi di studio o lavoro,  ma  è necessario porre fine a questa orribile invasione di irregolari, tra i quali si nacondono individui della peggior specie:  estremisti, soggetti che sfuggono alla giustizia del proprio Paese e persone con disturbi mentali.
L'inerzia del nostro Governo, e più in generale dell'Unione Europea, è destinata a portare con sè conseguenze disastrose.
Le reazioni alla crisi migratoria in Europa sono state variegate e, in molti casi, contraddittorie. 
Inizialmente, alcuni Paesi avevano mostrato apertura verso i richiedenti asilo, ma nel tempo, e soprattutto in risposta a minacce percepite per la sicurezza nazionale e il crescente sentimento anti-immigrazione, molti Stati membri dell'UE hanno reintrodotto controlli alle frontiere e inasprito le leggi sull'immigrazione. 
Questo cambiamento di rotta riflette una crescente sfiducia nella capacità di integrazione dei migranti e il timore di perdere l'identità culturale europea.
La questione dell'immigrazione può essere vista anche da una prospettiva geopolitica. 
Il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha recentemente avvisato che il flusso incontrollato di migranti rappresenta una delle più gravi minacce per l'Europa, sottolineando il rischio che esso comporta per il "fondamento culturale dell'Europa". 
Le parole di Vance amplificano l'urgenza di una risposta coordinata del mondo Occidentale. 
È evidente che l'Europa deve ripensare le proprie politiche migratorie e stabilire misure efficaci per garantire che la situazione non dreni ulteriormente le risorse sociali ed economiche delle nazioni europee.
I trafficanti di esseri umani sono dei criminali sostenuti e finanziati da reti del crimine organizzato, che giocano un ruolo centrale nello sfruttamento dei migranti, trasformandolo in un lucroso business illegale, a bordo di potenti motoscafi  o di cavalli di Troia come la Open Arms.
Al diavolo gli sconsiderati appelli delle sinistre €uroinomani...
La storia ci ha insegnato che ignorare crisi come questa porta a conseguenze devastanti.
Chi si azzarda a definire questa emergenza come "percezione" (Sindaco Sala), o è in malafede o risiede in una comfort zone inaccessibile a chi vive la vita reale.
Agire ora significa salvaguardare non solo la sicurezza, ma anche la coesione e l'identità culturale dell'Europa. 
È tempo di adottare una strategia efficace, basata su un reale riconoscimento della complessità del fenomeno migratorio, eliminando le paure infondate e concentrandosi su soluzioni sostenibili.
L'Europa è a un bivio e la risposta degli attuali leader non può più essere procrastinata. 
Il futuro del continente dipende dalla capacità di affrontare prontamente la crisi migratoria, prima che sia troppo tardi. 
La posta in gioco è alta: l'identità, la sicurezza e la stabilità dell'Europa stessa.

28 luglio 2025

Corruzione in ambito UE: chi sorveglierà i sorveglianti?

di Daniel Sempere

"Quis custodiet custodes?"

Questo è l'interrogativo con cui 
Giovenale denunciava gli abusi di potere della nobiltà romana: 
"Chi sorveglierà i sorveglianti ?".
Un recente sondaggio dell'Eurobarometro, pubblicato questa settimana, offre uno spaccato inquietante della situazione attuale della corruzione nell'Unione Europea. 
Con il 69% dei cittadini che percepiscono la corruzione come un fenomeno diffuso nel proprio Paese, la fiducia nelle istituzioni e nei meccanismi di controllo sembra scricchiolare sotto il peso di una insoddisfazione sempre più condivisa. 
Nonostante gli sforzi delle autorità europee, oltre la metà degli intervistati (il 51%), considera inefficaci le misure anticorruzione e dubita della loro imparzialità,  sostenendo che il problema sia particolarmente radicato tra i partiti politici.
Le cifre parlano chiaro: in Grecia, il 97% dei cittadini avverte la presenza della corruzione, seguita dalla Croazia con il 92% e dal Portogallo con il 91%. 
A questo proposito, è lecito chiedersi quale sia l’efficacia delle politiche messe in campo per affrontare un problema che sembra così radicato. 
Al contrario, Paesi come la Finlandia e la Danimarca emergono come modelli virtuosi, con percentuali decisamente più basse, attestandosi rispettivamente al 21% e al 28%. 
Tuttavia, il trend è preoccupante, lo scetticismo nei confronti delle istituzioni, come dimostra la diffusa percezione, è in costante aumento.
Un dato interessante è rappresentato dal fatto che ben l'80% degli intervistati ritiene inaccettabile offrire denaro ai servizi pubblici in cambio di favori, soprattutto in Paesei storicamente filo€uropeisti come Portogallo, Italia, e Francia. 
Nonostante la quasi unanime condanna sociale del fenomeno, il Parlamento Europeo, le autorità giudiziarie nazionali e gli organi preposti, come l'Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF), sembrano poco propensi a vigilare nei confronti di amministrazioni politicamente impegnate nel conseguimento degli obiettivi ideologici dell'agenda 2030 (vedi Roma, Torino, Milano, Bologna, Firenze...)
Una sorta di  barriera invalicabile, di natura giuridica e politica, si erge a protezione della classe politica €uropeista. 
È  deprimente notare come, nonostante l’alta consapevolezza del problema, che ha toccato livelli inimmaginabili nella questione Ucraina, non si riesca a condurre indagini approfondite e a perseguire i responsabili. 
Uno scudo penale pare proteggere le istituzioni coinvolte, minando la credibilità e la sopravvivenza democratica dell'Unione stessa.
Il sondaggio promosso dall'Eurobarometro è  un serio campanello d'allarme,  un invito all'azione per governi e istituzioni europee. 
"Chi sorveglierà dunque i sorveglianti? "
La lotta alla corruzione non può limitarsi a colpire i beneficiari ultimi di questo radicato malcostume.
I cittadini europei sono ostaggi di un'€urodittatura  sapientemente  dolosa, costruita su fondamenta tecnocratiche, gestite da banchieri, finanza speculativa, massoneria, multinazionali e dottrina politica
Dichiararsi €uropeisti oggi, equivale all'essere membri o complici di questa associazione a delinquere. 
Possono i vertici di questa complessa sovrastruttura garantire un'adeguata vigilanza di sé? 
Ovviamente no! 
Impossibile smantellare dall'interno questo macrosistema dopato, non ci resta che abbandonare questa Unione a delinquere e ripartire dalle fondamenta, ricordando che: 
"La nostra è una repubblica parlamentare, il cui governo, eletto democraticamente mediante sistema elettorale, agisce in  rappresentanza e tutela della volontà popolare" 
Presidente Mattarella, onorevoli membri dell'esecutivo di governo... non dimenticatelo!


14 luglio 2025


                                                       Pausa Estiva  


La redazione resterà chiusa dal
14 luglio 2025 al 27 luglio 2025.
Per contatti urgenti e personali utilizzare l'apposito widget o inviare direttamente a: 

Daniel Sempere, mail: crz.daniel.sempere@gmail.com


     ... Video Saluto ...




10 luglio 2025

Il Futuro dell'Energia: Il Dilemma del Gas Naturale Russo nell'Anno delle Promesse Energetiche

di Daniel Sempere

Nell'anno 2024 il consumo globale di energia fossile ha raggiunto livelli senza precedenti, con gli idrocarburi che continuano a rappresentare una porzione schiacciante dell'approvvigionamento energetico totale. 
Nonostante i reiterati impegni per ridurre le emissioni di carbonio e il pressing per una transizione energetica, i dati rivelano una realtà inquietante: l'obiettivo di zero emissioni sembra lontano e, a dirla tutta, illusorio e irraggiungibile. 
In questo contesto, è interessante riflettere  sulle implicazioni del gas naturale, in particolare quello russo, in un panorama geopolitico complesso e carico di tensioni.
Il gas naturale ha conquistato il suo posto come una delle principali fonti di energia, attestandosi attualmente a un quarto del consumo energetico mondiale. 
Le statistiche recenti evidenziano un sorprendente aumento della produzione di gas naturale in Russia, nonostante le sanzioni internazionali e l'isolamento economico. 
La Russia si conferma come un attore chiave nel mercato globale, dopo gli Stati Uniti,  ed è interessante notare che circa il 75% della produzione russa soddisfa il fabbisogno interno, contribuendo all'industria e al riscaldamento domestico, mentre il restante 25% è destinato all'esportazione o allo stoccaggio.
Tuttavia, ci troviamo di fronte a una contraddizione. 
Da un lato, il gas naturale russo rappresenta una risorsa abbondante e relativamente pulita, dall'altro, è diventato un simbolo di dipendenza energetica e conflitto geopolitico. L'Europa, da sempre affamata di energia, sta intraprendendo un percorso  verso l'indipendenza dalle fonti russe, proclamando promesse legali e vincolanti per eliminare completamente le importazioni di gas russo entro il 2028. 
È  scelta sensata e consapevole?
Per certo solleva interrogativi su ciò che accadrà se l'Europa non riesce a sostituire questa fonte con alternative efficaci e sostenibili.
La proposta della Commissione Europea di vietare l'importazione di gas russo è una mossa che segna un chiaro tentativo di rompere con il passato. 
Tuttavia, viene da chiedersi: i paesi europei saranno in grado di mantenere tali promesse? Senza dubbio, l’abbondanza di gas naturale russo rimarrà disponibile per i mercati globali e potrebbe addirittura rimodellare gli equilibri energetici del futuro. 
La Russia, seppur colpita da sanzioni, potrebbe uscire rafforzata dalla competizione sul mercato internazionale, alimentando il potenziale di una nuova era energetica, in cui le sue esportazioni potrebbero persino superare quelle degli Stati Uniti.
Mentre l'Europa fa i conti con la sua transizione, è fondamentale non perdere di vista l'interconnessione dei mercati energetici globali. 
I cambiamenti nel consumo e nella produzione di energia non avvengono nell'isolamento. Un mondo geopoliticamente libero potrebbe portare a una ristrutturazione dei mercati energetici, dove la Russia troverebbe nuove vie per espandere la propria influenza, approfittando della domanda di gas naturale da parte di Paesi in via di sviluppo o alleati.
In definitiva, non si tratta solo di una questione di disponibilità energetica, ma  di strategia geopolitica, soprattutto geopolitica!
La lotta per l'indipendenza energetica dell'Europa deve fare i conti con la dura realtà di un mondo in cui il gas naturale russo continuerà a giocare un ruolo cruciale. 
Mentre continuiamo a discutere le promesse di un futuro sostenibile e a zero emissioni, dobbiamo essere pronti ad affrontare un presente in cui gli idrocarburi rimangono una fonte predominante di energia. 
La vera sfida sarà trovare una via praticabile per una transizione che non solo prometta, ma consegni anche risultati tangibili, altrimenti rimarrà mera propaganda ideologica e politica.




07 luglio 2025

L' "audit" che potrebbe travolgere Zelensky

di Daniel Sempere


La situazione geopolitica in Medio Oriente si presenta come una sfida complessa  per il presidente Donald Trump, il cui approccio alle crisi internazionali voleva proporre alleanze forti e decisioni rapide. 
A differenza della crisi ucraina, che coinvolge numerosi attori e interessi, il conflitto in Medio Oriente tra Israele e Iran si svolge su una scacchiera più ristretta, dove gli equilibri di potere sono più fragili e dipendono in gran parte dalla fiducia reciproca.

Israele, tradizionale alleato degli Stati Uniti, si trova in una posizione delicata, avendo visto impoverirsi il proprio sostegno europeo nel corso degli anni. 
Le critiche crescenti alle sue politiche hanno spinto Tel Aviv a puntare tutto su Washington, rendendo la sua relazione con la Casa Bianca tanto cruciale quanto rischiosa. La minaccia rappresentata dall'Iran, avversario geografico e ideologico, complica ulteriormente la situazione: Netanyahu non si può permettere di alienare gli Stati Uniti, dato che una rottura nei rapporti potrebbe compromettere la sicurezza dello Stato israeliano.
D'altra parte, l'Iran ha adottato un approccio sorprendentemente "misurato". 
Nonostante le provocazioni e le aggressioni verbali e militari, Teheran ha scelto di non voler inasprire il conflitto, dimostrando una stabilità interna che contrasta con le previsioni degli analisti.
Entrambe le parti  hanno probabilmente capito che una continuazione delle ostilità avrebbe avuto conseguenze disastrose.
Nel contesto ucraino la dinamica è radicalmente differente. 
La crisi non è puramente bilaterale: coinvolge molteplici attori, tra cui gli Stati Uniti e l'Unione Europea, che ha assunto un ruolo fondamentale nel sostenere Kiev contro la Russia.
Questa molteplicità di attori rende la crisi molto più complessa rispetto alla situazione medio-orientale. 
L'Europa, riluttante ad ammettere lo strapotere della Russia, cerca di posizionarsi come attore attivo e determinato, anche se le sue azioni possono sembrare più reattive che proattive.
Trump, in questo scenario, non riesce a emergere come l'irrinunciabile partner di riferimento del passato. 
Non è la sua guerra!
Questa crisi è iniziata con Obama nel 2014 (regista e artefice del processo di head hunting sostenuto dalla Fondazione Renaissance, del miliardario americano George Soros), con la collaborazione di Victoria Nuland, di Antony Blinken, per poi passare nelle mani inaffidabili del Presidente Biden.
All’orizzonte, tuttavia, par esserci un audit approfondito che rivela la fornitura di miliardi di dollari all'Ucraina (senza l'autorizzazione del Congresso) e  pesanti accuse di corruzione tra i vertici militari e politici di Kiev.
Il contenuto dell'audit non è ancora trapelato, ma qualora il documento audio fosse autenticato, potrebbe avere un impatto devastante sul futuro di Zelensky e spingerlo  (volente o nolente), verso negoziati.
In ultima analisi, le questioni sociali e di sicurezza interne in Ucraina si vanno aggravando, e i leader europei potrebbero trovarsi a dover giustificare le loro scelte ai propri elettori, in un contesto in cui gli scandali (legati ai finanziamenti) e le accuse di corruzione  diventassero di dominio pubblico. 
Ursula von der Pippen non ha nulla da dire al riguardo? Si parla (ancora una volta), di un suo coinvolgimento in questa mega operazione di corruzione...
La risposta dell'Europa sarà cruciale: riusciranno i leader europei a mantenere unita la loro posizione? 
Saranno in grado di affrontare le sfide che si presentano in un contesto così volatile?Bruxelles sa in cuor suo che, senza l’appoggio militare e logistico degli Stati Uniti non potrà mai imporre alcunché a Mosca ed è per questo che sta facendo di tutto per mantenere vivo l'appoggio di Washington.
Ma con il passare del tempo emergeranno problemi di ordine sociale e sicurezza in Ucraina, e a quel punto, chi si troverà nello scomodo ruolo di "partner di Zelensky", dovrà render conto ai propri connazionali di alcune scelte non condivise.

I bulli d’€uropa sono avvisati: saranno gli scandali procurati dall’audit, o una sempre più probabile rivolta del popolo ucraino, a porre fine a questa assurda guerra targata NATO-UE ?

03 luglio 2025

Chi era veramente Papa Francesco? 

di Daniel Sempere 


Il ruolo e il compito di un bravo pastore è quello di guidare e proteggere il proprio gregge. 
Il pastore che si adegua alle tendenze del gregge e dei suoi capofila non è solamente inadeguato, la sua negligenza conduce pian piano a disperdere il gregge. 
L'essere guardiano e riferimento impone delle regole già scritte; abdicando al suo dovere, non può essere un buon guardiano, bensì un pericolo per la comune incolumità. 
Papa Francesco, in questo senso, fu figura deferente, che amava conformarsi alle tendenze del gregge, che amava accattivarsi le simpatie del mondo laico e progressista, adattando la propria guida in ragione e virtù delle altrui aspettative.
Essere a capo della Chiesa non richiede e non necessita compromessi storici, poiché la fede trascende i mutamenti morali, ideologici e sociologici di un'epoca. 
Adattare il ruolo spirituale e religioso ai valori transitori e mutevoli della società è quanto di più pericoloso e disgregante per la credibilità di un'istituzione religiosa. 
Qualsiasi adeguamento dottrinale che porti  la Chiesa a imitare il mondo anziché a guidarlo, può avere effetti disastrosi.
Passano gli anni, cambiano le mode, le ideologie, i linguaggi, ma la fede è l'ortodossia teologica non devono necessariamente adeguarsi  alla cultura e alle tendenze cui è sottoposta ciclicamente la società. 
Papa Francesco avrebbe voluto una Chiesa  più inclusiva e progressista, ma lo scopo primario del Pastore della Chiesa Cattolica è guidare il gregge, non l'essere guidato dal gregge.
Sovvertire il ruolo guida e mettere in discussione i fondamenti stessi della Chiesa alimentano un pericoloso relativismo, faro di tutte le ideologie progressiste più estreme.
La sopravvivenza della fede e della Chiesa Cattolica non può ergersi sul fragile terreno delle opinioni e dei cambiamenti che avvengono nella nostra società. 
Credo che Papa Francesco, con la retorica dell'inclusività e del "vivere il cambiamento", abbia involontariamente compromesso la credibilità spirituale della Chiesa. 
Sta al suo successore, Papa Leone XIV°, recuperare quella credibilità e riproporre il ruolo guida del Pastore.
Gli agnostici e improvvisati fan di Papa Francesco se ne faranno una ragione, non credevano comunque in Dio, né condividevano la comune morale cattolica.
Per cui... 

Grazie Papa Leone :)