L'Arte Divisiva della Politica...
di Daniel sempere
Israele,
pur non potendo essere etichettato come un impero tradizionale, agisce al di
fuori delle conseguenze dei propri atti aggressivi contro Palestina, Libano,
Siria e Iran, beneficiando di una sorta di immotivata impunità internazionale.
La sua crescente influenza e coinvolgimento in Africa rappresentano un altro passaggio strategico per allinearsi agli interessi americani e britannici.
La sua crescente influenza e coinvolgimento in Africa rappresentano un altro passaggio strategico per allinearsi agli interessi americani e britannici.
È
cruciale fare questa distinzione: non si tratta di un complotto ebraico
globale, ma della strumentalizzazione dello
Stato israeliano da parte di potenze occidentali che cercano di mantenere il
loro controllo geopolitico.
Il
bigottismo, purtroppo, continua a prosperare, alimentato da una narrazione che
confonde l’antisemitismo con una condanna più che legittima alle politiche israeliane perpetrate da Netanyahu.
La
verità sarà sempre offuscata da chi non è disposto a riconoscere il diritto
alla dignità e all'esistenza del popolo palestinese (ironicamente tra i più
semiti di tutti), quanto di quello israeliano.
La
critica al sionismo emerge come risposta legittima, non come attacco all’intero popolo di Israele, ma contro
quell'ideologia politica e militare che ha preferito risolvere la delicata questione palestinese
con le guerre, anziché con la diplomazia, a partire dal riconoscimento dello stato della Palestina.
Sappiamo
che gli Stati Uniti si sentono in diritto di rovesciare
governi non allineati ai loro interessi, come dimostrano i recenti eventi in
Medio Oriente, ma
non sono soli… il ruolo ambiguo della Gran Bretagna, che cerca di mantenere una presenza
influente attraverso alleanze strategiche, aggiunge un’altra discriminante.
La
separazione tra sunniti e sciiti, frutto dell'eredità coloniale, ha creato
tensioni che continuano a deflagrare in conflitti sanguinosi.
Ma come giustificare azioni terroristiche e genocidi senza scatenare un'indignazione compatta e universale?
Semplice, basta contrapporre il sionismo e l'Islam in uno scontro ideologico tra fedi e culture, contando sul fatto che la religione è quanto di più ipocrita e manicheo.
Le
élite al potere, spesso sostenute da potenze esterne, ignorano la voglia di pace delle
masse, anteponendo i loro interessi personali, specialmente quando si tratta
di risorse preziose "come il petrolio".
Il
sospetto che la democrazia e la verità possano essere comprate è, ahimè, assai verosimile;
anche i giornalisti più accreditati rischiano di essere strumentalizzati e di
servire i media mainstream, distorcendo la narrazione a favore
di chi esercita il potere.
La
situazione attuale è aggravata dal nazionalismo artificioso che viene
alimentato ad arte per distrarre e manipolare le masse.
L'esempio
di Netanyahu, che alimenta e sfrutta i conflitti per deviare l'attenzione dalle
sue personali questioni legali, è l’emblema di come il sistema sappia premiare l'inganno
e il condizionamento mediatico.
In
un contesto di disperazione, condividere immagini tragiche sui social media
diventa un atto paradossale: si amplifica il dolore, ma senza dar sèguito ad alcuna azione politica
o diplomatica significativa.
Lo sdegno, per quanto unanime, non è la soluzione.
In
questo scenario, assistiamo come comparse al "suicidio" della verità,
traguardo volutamente inaccessibile a noi poveri idioti.
Riconoscere
l'inganno e l'ipocrisia che circondano queste dinamiche è fondamentale per “avvicinarci”
alla verità.
Solo
così potremo liberarci dalla nebbia tossica che avvolge il mondo dell’informazione... e risalire all'origine dei conflitti.